20 luglio 2010

La scuola dei cò e del cai - di Mario Cardinali

Siccome spesso vedo scritto

"c'ho" e "c'ha", incollo qui sotto una parte dell'ottimo articolo di Mario Cardinali uscito nel Vernacoliere dell'ottobre 2008, col suo permesso.

Loro che la scrivono, la lingua, dovrebbero saperla scrivere meglio d’altri, al punto di poterla anch’essi insegnare.
E cosa c’insegnano, infatti, tanti di quegli specialisti di scrittura? C’insegnano per esempio a scrivere c’ho, c’hai, c’ha, c’hanno, che niente ci autorizza a pronunciare ciò, ciai, cià, cianno come intenderebbero farci leggere costoro, e come invece si legge scrivendo ci ho, ci hai, ci ha, ci hanno, come si è sempre scritto. Quale regola fonetica, quale grammatica autorizza costoro a pensare che nell’elisione della i, la c davanti all’acca possa divenire dolce?
«Diglielo anche te, Mario, ai ragazzi, che non c’è alcuna regola del genere e che c’ho si legge cò, c’hai si legge cai...», mi scriveva già parecchi anni fa Luciano Satta, esimio linguista fiorentino ed estimatore del Vernacoliere.
Macché, niente da fare. Insistono lo stesso. E mica soltanto i ragazzi. Ci sono fior di giornalisti, e di scrittori pure, magari senza fiore, che continuano a scrivere c’ho, c’hai, c’ha, c’hanno. E addirittura c’abbiamo, c’avete, c’azzecca...

Insomma: se vuoi dire "ciò", "ciai", "cianno", etc, devi scrivere proprio "ciò", "ciai", "cianno", etc.



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3 commenti:

PEDAMIME ha detto...

un c'ho capito nulla

GIanni-Roma ha detto...

in qualche modo occorrerà pure scriverlo. La Crusca censisce 5 modi di scriverlo, non dando preferenza a nessuno. Però questo "C'" è lo stesso di "c'è" e di "c'era, c'eravamo". Tanto vale usarlo nello stesso modo, con la stessa elisione: c'è... e quindi anche c'ha...
E se ne facciano una ragione quelli che pretendono che in questo modo avrebbe una pronuncia dura, come la K: la scrittura è al servizio della lingua parlata. Anche quando questa è in un registro "basso": se voglio parlare, e quindi scrivere, a parenti e amici, stride più un linguaggio pretenzioso che non un modesto apostrofo, anche davanti a un'H che è più muta di Anna dei Miracoli.

Marco ha detto...

Da che mondo è mondo le parole separate da un apostrofo si pronunciano come se fossero scritte attaccate. Quindi se si scrive "c'hai" la pronuncia è la stessa che se si scrivesse "chai", che in italiano non esiste mai, ma se per un qualche motivo viene scritta si pronuncia con la C dura.
Certo, in qualche modo occorrerà scriverlo: ciò, ciai, etc. Essendo una dicitura popolare non ha nulla di pretenzioso, e anzi appare normale che si scriva "alla buona", tutt'attaccato.

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