18 maggio 2015

Liberazione di animali da allevamenti intensivi: la mia risposta a chi parla di vigliaccheria

Poco fa sul blog "In difesa della sperimentazione animale" ho letto l'articolo "Donare il 5×1000 per finanziare Reati".

Parlando dei ragazzi dell'associazione no-profit Essere Animali che hanno liberato alcuni animali dagli allevamento intensivi, l'autore sostiene che si tratti di vigliacchi e di sbruffoni in quanto dicono di fare disobbedienza civile e al contempo attuano strategie per "sottrarsi alle loro responsabilità", dove secondo l'autore "sottrarsi alle proprie responsabilità" significa cercare di non avere conseguenze legali. La giustificazione di queste affermazioni è che questi ragazzi rubano o dichiarano di rubare non più di 2 animali per volta (così facendo non si incorre nel reato di furto aggravato), e che le loro fotografie non mostrano inequivocabilmente il luogo dove è avvenuto il furto. L'autore sostiene inoltre che agiscano a volto scoperto per esibizionismo.

Non sono per nulla d'accordo con quanto affermato in questo articolo, ed ecco perché...

Riguardo la disobbedienza civile, l'autore dell'articolo suddetto cita l'esempio del filosofo statunitense Thoreau, che scrisse il saggio "Disobbedienza civile" mentre si trovava dietro le sbarre. Si può anche citare un esempio italiano, quello dei Radicali, che hanno fatto disobbedienza civile ai massimi livelli: commettevano il reato pubblicamente per farsi arrestare, con l'intenzione di essere processati, dichiararsi colpevoli ed essere condannati, e denunciavano le Forze dell'Ordine se queste facevano evidentemente finta di nulla e omettevano di arrestarli.
Ma una manifestazione non ha bisogno di essere così estrema per chiamarsi "disobbedienza civile", almeno stando alla semplice definizione che ho trovato su Treccani.it: "Il rifiuto da parte di un gruppo di cittadini organizzati di obbedire a una legge giudicata iniqua, attuato attraverso pubbliche manifestazioni". Non c'è alcun cenno sulla presenza o meno di strategie per tutelarsi da conseguenze giudiziarie.
Entrambe le forme di disobbedienza civile hanno un senso. Se il disobbediente è abbastanza famoso, anche farsi arrestare e processare può avere una efficacia divulgativa per via della risonanza mediatica che il processo potrebbe avere.
In caso contrario, farsi arrestare, processare e condannare potrebbe portare a conseguenze indesiderate, come andare in carcere, dover pagare le spese giudiziarie con soldi che potrebbero essere destinati a quella che il disobbediente ritiene essere una buona causa, avere più difficoltà in futuro a compiere lo stesso atto di disobbedienza civile e dunque una minore possibilità di diffusione delle proprie idee.

Sul concetto di responsabilità, aggiorno questo articolo dopo aver letto le parole di un commentatore che ha scritto "altrimenti non è molto diverso dai no expo che hanno distrutto milano o gli ultra olandesi che hanno rovinato roma, in entrambi i casi la disobbedienza veniva dal fatto che erano sicuri di non avere ripercussioni". Si tratta di un paragone niente affatto calzante, visto che quei vandali non erano intenzionati a mandare un messaggio sul miglioramento di un'istituzione, e la loro quindi non era disobbedienza civile. Per capire meglio può essere invece utile pensare a uno scenario della vecchia Cecoslovacchia, al tempo in cui vigevano leggi ingiustamente super-restrittive sugli espatri, e immaginare a un cittadino che aiuta un suo amico a fuggire e che poi di notte, senza farsi vedere, appende uno striscione in una strada trafficata con scritto "Ho aiutato [nome amico] a scappare da questa nazione che opprime i suoi cittadini. Viva la libertà e la democrazia!". Cos'ha fatto? Ha fatto disobbedienza civile. Crede di avere la responsabilità di quello che ha fatto? Certo. Lo rivela alle autorità? No. Quest'uomo, dopo aver fatto un'azione buona e aver lanciato un messaggio significativo, non vuole aggiungere inutilmente conseguenze nefaste per sé stesso e per la propria famiglia andandosene in carcere (cosa prevista dalla legge, ma ingiusta). Ciò non sarebbe responsabile, ma solo stupido.
"Prendersi la responsabilità" suona bene a livello retorico, ma in realtà è un'espressione ambigua. Quando si è commessa un'azione, non c'è bisogno di "prendersi" la responsabilità, visto che la responsabilità la si ha, punto. Poi bisogna vedere se si ha l'intenzione di farsi giudicare e punire per quell'azione, ciò che non è collegato univocamente con la propria integrità morale e con la propria coerenza.

Quanto a "vigliacchi", termine che fa riferimento a un aspetto etico, non credo sia sufficiente sottrarsi alle conseguenze giuridiche di un reato che si è commesso, per essere meritevoli di questo appellativo. Il diritto è una cosa, l'etica un'altra. Chiamando una persona "vigliacca" si sottintende che si stia sottraendo alle conseguenze di una sua azione *eticamente* inaccettabile. Cosa questi furti non sono, almeno secondo la buona fede di questi ragazzi.

In fine, mostrarsi a volto scoperto non credo significhi in questo caso esibizionismo, ma volontà di mostrare che non ci si deve vergognare di remare contro un sistema consolidato e bisogna anzi andarne orgogliosi. Inoltre mostrarsi a volto scoperto serve a creare una maggiore attrattività agli occhi dei naviganti affinché seguano più volentieri queste notizie, con conseguente maggiore loro diffusione.
Per lo stesso motivo gli articoli di giornale sono affiancati da delle foto, gli studi dei telegiornali fanno collegamenti con gli inviati sui luoghi dov'è successo un fatto.
Potrebbero essere date le stesse notizie e con gli stessi dettagli anche senza immagini, che però hanno un importante ruolo estetico, fondamentale nella comunicazione.

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